Al Mercato della Terra Aperitivo solidale con prodotti delle zone terremotate 11 febbraio Bergamo

Al Mercato della Terra

Aperitivo solidale con prodotti

delle zone terremotate

Ogni secondo e quarto sabato del mese dalle 9 alle 14

Bergamp in Piazza Cavour (accanto al Teatro Donizetti)


Sarà dedicato alle zone colpite dai terremoti e ai prodotti dei presidi umbri, laziali e marchigiani il Mercato della Terra di Bergamo in programma sabato 11 febbraio in Piazza Cavour, proprio accanto al Donizetti. Un aperitivo solidale a partire dalle 10.30 con alcuni prodotti di quei territori per dare un piccolo ma significativo aiuto a quelle popolazioni. Avremo modo di assaggiare: mazzafegato e mortadella di Campotosto (Abruzzo), pecorino Canestrato di Castel del Monte (Abruzzo), Mele rosa e Pecorino dei Monti Sibillini (Marche).
Durante l’aperitivo di degustazione come durante tutta la mattinata dalle 9 alle 14 sarà sempre possibile fare la spesa tra gli stand di produttori selezionati per promuovere cibo buono pulito e giusto: pane, frutta, ortaggi, olio, formaggi, salumi, pollo, pesce, uova, vino, birra, dolci artigianali, biscotti, marmellate e confetture e gli ospiti invernali con il banco delle arance dalla Sicilia.

Pranzo con ristorante didattico Taste alla Domus
Continua la collaborazione del Mercato della Terra con la vicina Domus in piazza Dante che all’interno della propria struttura nello spazio del ristorante didattico di iSchool “Taste” offre la possibilità di un pranzo con menù completo (in allegato), curato dall’Istituto Alberghiero iSchool, con alcuni prodotti del Mercato e piatti del circuito East Lombardy.

Tutti i produttori presenti
Formaggi
Azienda Agricola F.lli Duca, Talamona SO – Presidio Slow Food Storico Ribelle
Azienda Agricola Il Tesoro della Bruna - Corna Imagna BG – formaggi vaccini, Yogurt, Presidio Slow Food Stracchino delle Valli Orobiche
Latteria Sociale di Valtorta con formaggi vaccini tra cui l’Agrì di Valtorta, presidio Slow Food
Caseificio La Via Lattea – Brignano Gera d’Adda – formaggi di capra

Ortaggi e frutta
Ridi Bio, Calvenzano BG – ortaggi
Associazione Ribernavel – Sicilia – arance e agrumi

Pane e farine, pasta e riso
Tilde Forno Artigiano, Treviglio BG – pane da lievito madre e prodotti da forno
Panificio Grazioli, Milano – pane e prodotti da forno
Progetto SLOWMAYS, Associazione Mais Spinato di Gandino
Pesce di lago
San Fiorino, Brescia - agroittica

Carni e salumi
Azienda Pollo Ruspante, Bosco di Sona, VR – carni bianche e uova bio
Az. Agricola Rubis Alessandro, Parco dei Colli, BG – salumi

Lumache
Az. Cheluma di Andrea Togni – lumache fresche e conservate

Vino e Birra
Az. Vinicola Tosca, Pontida BG - vino
Birrificio La Priula, San Pellegrino BG – birra artigianale

Olio e miele
Apicoltura Vismara Gianfranco, Cenate Sopra – olio, miele e prodotti derivati

I PRESIDI SLOW FOOD DELLE ZONE TERREMOTATE

Mortadella di Campotosto (Abruzzo)
È Campotosto, all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, la patria delle omonime mortadelle, da sempre conosciute anche come “coglioni di mulo” (data la forma e la vendita a coppie). Ovoidali, legate a due a due con uno spago annodato a mano, sono prodotte con le stesse regole del passato, quando le famiglie del paese lavoravano insieme in un’insolita corvée comunitaria per produrre le mortadelle che venivano consumate a partire dalla Pasqua.
Si preparano macinando finemente tagli magri e scelti del suino, come spalla e prosciutto, e con l’aggiunta di pancetta sempre macinata per dare una piccola parte di grasso all’impasto. Nell’impasto è inserito il tipico lardello lungo una decina di centimetri. Il bastoncino infilato nella parte inferiore della legatura a doppia briglia, a mano a mano che procede la stagionatura, e quindi l’asciugatura, stringe la legatura. Appena confezionate, le mortadelle sono appese a una pertica ed esposte per circa 15 giorni al fumo di un camino alimentato con legna di quercia o di faggio. Poi sono trasferite in locali di stagionatura naturale: il vento di tramontana e l’altitudine (circa 1300 metri) garantiscono una temperatura e un’umidità ideali, indispensabili per l’essiccamento ottimale. A tre mesi sono pronte per il consumo. Al taglio la fettina è di colore rosso intenso, scuro, con il lardello bianchissimo, in bocca è cuoiosa e compatta e il lardello è dolce e croccante. Un salume importante, di gusto pieno e lungo, che richiede vini non banali.

Pecorino Canestrato di Castel del Monte (Abruzzo)
Sui pascoli del Gran Sasso sono state censite ben 300 essenze foraggere, contro le 20, 30 delle Alpi. Questa eccezionale varietà e il clima secco delle quote maggiori hanno favorito nei secoli l’allevamento ovino e la transumanza dalle altre regioni: dal Tavoliere pugliese, dall’Agro Romano, dalla Maremma o dalla Terra di Lavoro, nel Casertano. La cultura della transumanza e delle relative produzioni casearie appartiene alla storia dell’Abruzzo, ma è nell’area del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga che si trova la meta pastorale per eccellenza: Campo Imperatore, un altopiano a 1800 metri di quota, lungo 19 chilometri, dove a maggio salgono ancora oggi migliaia e migliaia di pecore. È la transumanza orizzontale, pr aticata da almeno due millenni, che utilizzava per la salita e la discesa delle greggi i grandi sentieri erbosi, i tratturi (uno dei più importanti partiva da San Pio delle Camere e arrivava fino a Foggia, dove si trovava la Dogana della Mena delle Pecore, ovvero il casello daziario per il pagamento dei tributi per i pascoli: servivano almeno 15 giorni per il trasferimento degli ovini). Ma esiste anche una transumanza verticale dei pastori locali, che si limitano a trasferire gli armenti a diverse altitudini nell’ambito del parco: garantendo in questo modo dai 7 ai 9 mesi l’anno di pascolo all’aperto agli ovini. Buona parte di Campo Imperatore è compresa nel territorio del comune di Castel del Monte, al quale è legata una tradizione casearia di altissima qualità. Il latte, caseificato in purezza, è prevalentemente di Sopravvissane o Gentili di Puglia. Nella preparazione del formaggio, ogni allevatore segue una propria tecnica. In linea generale il latte è filtrato, riscaldato a 35-40°C per 15-25 minuti e addizionato con caglio naturale (ottenuto dallo stomaco di agnello). La cagliata è poi rotta fino alle dimensioni di un chicco di mais, cotta a 40°-45°C per 15 minuti circa (ma non da tutti), trasferita nelle fiscelle e pressata per favorire la fuoriuscita del siero residuo. Dopo la salatura, le forme sono collocate su tavole di legno in ambiente fresco e areato, le casere. La stagionatura dura da due mesi a un anno, periodo durante il quale le forme sono regolarmente unte con olio di oliva per evitare un eccessivo disseccamento. Il pecorino stagionato si presenta in forme a pasta dura di peso variabile (da mezzo chilo a due chili e mezzo) e ha un sapore pronunciato e piccante: è buono da taglio e ottimo grattugiato.

Mele Rosa dei Monti Sibillini (Marche)
Le mele rosa sono un’antica popolazione coltivata da sempre nelle Marche, in particolare tra i 450 e i 900 metri di altitudine: dalle aree pedecollinari fino alle valli appenniniche e ai versanti dei Monti Sibillini.
Un tempo le mele rosa erano preziose e ricercate soprattutto per la loro serbevolezza: raccolte nella prima decade di ottobre, infatti, si conservano perfettamente fino ad aprile. Le diverse tipologie hanno in comune una polpa acidula e zuccherina e un profumo intenso e aromatico. Qualità che rendono questa mela perfetta anche per la preparazione di torte e dolci.
Il Presidio ha individuato otto ecotipi di mele appartenenti a tre gruppi, che si diversificano per colore di fondo, sovracolore e consistenza del frutto.
Le prime sono verdi con striature rosa o giallo aranciato e polpa soda e croccante; le seconde sono tenere e gialle, con sovracolore rosso vivo nella parte soleggiata del frutto; quelle del terzo gruppo, infine, sono sode, verdi, con striature rosso vinoso e sode.
Tutte e tre le tipologie coltivate sono piccoline, irregolari, leggermente schiacciate e con un peduncolo cortissimo.
Insomma, buone ma poco appariscenti e che, per questo, non riescono a competere con le mele moderne presenti sul mercato: più grandi, regolari e dai colori brillanti. La loro coltivazione era stata quasi completamente abbandonata ed era sopravvissuto solo qualche vecchissimo albero sparso, ma da qualche anno sono tornate in coltura, grazie al lavoro della Comunità Montana dei Sibillini, che ha reintrodotto sul territorio gli ecotipi conservati nei centri di ricerca locali dall’Assam Regione Marche

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